sabato 8 marzo 2014

Servizio di "Chi l'ha visto" su Ivano e Valentino

Chi l'ha visto si è occupato con un lungo servizio della scomparsa di Ivano e della morte di Valentino Ricci Torricelli. Per vedere il servizio clicca QUI

giovedì 12 settembre 2013

4 anni (e un mese) dalla scomparsa di Ivano Ricci Torricelli

Come già ricordato, il 13 Agosto scorso sono trascorsi 4 anni dalla scomparsa di Ivano Ricci Torricelli. Ed oggi si è aggiunto un altro mese.

Lo abbiamo ricordato lo scorso 27 luglio con una semplice iniziativa davanti al Duomo di Orvieto, insieme ai familiari di altri scomparsi in Umbria, anche con la gradita presenza del Sindaco Antonio Concina.

Abbiamo trascorso questo lungo periodo nell’attesa che qualche nuovo elemento intervenisse a chiarire le modalità e l’esito della sua scomparsa. Magari un sussulto di coscienza, la condivisione di un peso. Nulla di tutto ciò.

Proprio questa totale assenza di novità che avrebbero potuto prodursi in questi quattro anni, rende la scomparsa di Ivano sempre più oscura nelle molte incongruenze che attendono ancora una chiarificazione; sembra davvero di assistere a un film in cui è necessario risalire a ritroso alle prime ore dopo la sua dipartita dalla casa di accoglienza dell’Airone, presso San Giorgio, per verificare la sostenibilità dei vari avvistamenti successivi, il movente recondito della sua presunta fuga o gli eventuali coinvolgimenti.

Ivano viene avvistato a Orvieto Scalo, nei pressi dell’orologio del parcheggio di fronte a Viale Primo Maggio, da due diversi testimoni (uno che si manifesta subito e l’altro a distanza di qualche settimana) tra le ore 9,10 e le 9,45 del 13 agosto.

Ma stando ad altre testimonianze, raccolte lo stesso giorno della scomparsa, e provenienti da operatori della Cooperativa Il Quadrifoglio presso la casa di riposo di San Giorgio, Ivano si trovava nel piazzale di fronte a questo Istituto tra le 9,00 e le 9.45.

Nella serata del 13 Agosto, c’è un ripensamento e una puntualizzazione sull’orario di avvistamento a San Giorgio; esso viene anticipato di circa un’ora: 8,30-8,45. La differenza non è poca.

I volantini di segnalazione stampati e diffusi da l’Airone, già il 14 agosto, dichiaravano che Ivano era scomparso “dalla Stazione di Orvieto” alle 9,30.

Al di là della tara o dei ripensamenti (non marginali) sugli orari, se le testimonianze citate sono fondate, qualcuno deve aver accompagnato Ivano con un mezzo da San Giorgio a Orvieto Scalo. Ivano, però, non sarebbe mai salito sull’auto di uno sconosciuto. Questo qualcuno, che dunque conosceva bene Ivano, al punto da raccogliere la sua fiducia, avrebbe dovuto in questo frattempo, farsi vivo.

Il fatto che non si sia mostrato per 4 anni è abbastanza inquietante. Oppure questo testimone attivo non esiste, semplicemente perché uno dei due avvistamenti (o a San Giorgio o a Orvieto Scalo) è infondato o negli orari o completamente. In questo caso, quale dei due?

Vi sarebbe infatti ancora una ipotesi che renderebbe credibile la presenza di Ivano alla Stazione alle 9,30 senza alcun accompagnatore automunito: che Ivano abbia lasciato la comunità l’Airone ben prima di quando ce se ne sia accorti e che egli si sia incamminato non verso San Giorgio, come si è affermato, ma direttamente verso Orvieto Scalo.

In questo caso, però, molte più persone avrebbero ragionevolmente dovuto avvistarlo lungo il percorso di oltre 3 km. A meno che non abbia camminato di notte. E la notte, in agosto, termina molto presto. Le dichiarazioni di cui si dispone da parte degli operatori dell’Airone e di quelli di San Giorgio, entrambe gestite dalla Cooperativa il Quadrifoglio, escludono questa possibilità.

E’ stato detto che Ivano, nei due giorni precedenti alla scomparsa, appariva molto agitato. Due giorni prima, l’11 agosto, se non sbaglio, era finito al pronto soccorso dove gli era stato diagnosticato un innalzamento preoccupante della pressione arteriosa. Perché Ivano era così agitato ?

Anche su questo non è emerso alcun particolare elemento, se non quello che il giorno presunto della scomparsa avrebbe dovuto sostenere un colloquio con gli operatori del CSM (Centro di Salute Mentale) in relazione al suo stato di salute che sembra si ritenesse sensibilmente migliorato e, forse, di conseguenza, alla possibile revoca della sua “interdizione”. Cosa che, se fosse accaduta, gli avrebbe probabilmente cambiato la vita. Ma non si sarebbe trattato, dunque, di una situazione peggiorativa, anzi era quella a cui egli aspirava, allora, questo stato di agitazione da cosa derivava ?

I presunti avvistamenti dei giorni successivi (nei dintorni e anche più lontano) risultarono infondati, ivi compreso quello del parroco e del sacrestano della chiesa di Narni Scalo, a cui fu dato, a suo tempo, molto - immeritato – credito e rilievo, il quale parlò di una persona alta tra 1,65 e 1,70, mentre Ivano rasentava gli 1,85 e il suo peso si aggirava sui 130 chili. Se le misure hanno un senso, era certamente un’altra persona quella che fu vista sul sagrato della chiesa di Sant’Antonio della cittadina umbra.

Ma nel complesso, la sensazione fu quella che si accreditasse (e mi pare che, inopportunamente, si continui, in parte, a farlo) l’immagine di un Ivano agile e aitante che potesse camminare spedito sotto il solleone agostano da San Giorgio alla Stazione di Orvieto (quasi 4 chilometri) in mezz’ora o meno, che salisse tranquillo su un treno o su un bus e che si dileguasse verso lontani lidi del sud o del nord Italia, in una fuga più o meno progettata nei dettagli. Ma il suo telefonino, i suoi documenti personali, i suoi pochi soldi furono ritrovati nella sua stanza della comunità L’airone. Non credo che si programmi una fuga senza il minimo indispensabile. Piuttosto, si lascia tutto a casa solo se ci si sposta o si è accompagnati nelle vicinanze, con la prospettiva di tornare, tra breve, di nuovo a casa …

Quest’immagine di un Ivano rampante e deciso a fuggire è del tutto improbabile a detta di ogni persona che lo ha ben conosciuto: Ivano era strutturalmente restio ad abbandonare la zona in cui era nato e cresciuto. Qualche settimana prima si era anche rifiutato di partecipare ad una breve vacanza in Puglia insieme agli altri assistiti perché il lungo viaggio in bus non lo sopportava. E a me, che lo avevo invitato più volte ad andare insieme a Roma per acquistare degli abiti “grandi taglie” di cui aveva bisogno, in un negozio specializzato vicino alla Stazione Termini, aveva ripetuto che il treno non lo sopportava, che gli faceva venire la claustrofobia. Quindi non se ne fece niente.

Poi c’è un altro dettaglio: Ivano era diventato l’unico erede di un patrimonio familiare di una certa consistenza. Un patrimonio che nelle asprezze della vita avrebbe comunque costituito un buon ammortizzatore per diversi anni. E comunque fosse andata, avrebbe continuato a percepire un aiuto sociale e anche familiare. Perché abbandonare tutto questo, nel momento in cui tutto lasciava prevedere la riconquista di una sua relativa autonomia e libertà?

A meno che qualcuno (o più persone) non lo abbia dunque aiutato, accompagnato (o costretto) alla fuga, Ivano non si sarebbe mosso. E nel caso dell’accompagnamento, le persone coinvolte debbono aver goduto della sua massima fiducia; nel caso, invece, della costrizione, oppure del malaugurato errore colposo, ci troveremmo già in un altro ambito e contesto: quello del reato.

Le ricerche effettuate con molto encomiabile spirito volontario ma scarsa attitudine investigativa da diverse persone - me compreso - nel territorio, nei giorni e nelle settimane successive, diedero esito negativo e nessun agricoltore, o cacciatore o cercatore di funghi ha mai comunicato di aver notato, nel corso di questi lunghi 4 anni, qualche minimo reperto che potesse ricondurre alla sua persona.

Ivano, dunque, con buona probabilità, non ha concluso la sua esistenza nei boschi della Castellana o in quelli limitrofi, piuttosto, forse, in qualche luogo ben più appartato; non sappiamo quanto vicino o quanto lontano; oppure è vivo, come tutti noi fortemente speriamo, ma in un luogo altrettanto celato.

Registriamo un suo ultimo presunto avvistamento a Case Bruciate, nei pressi della Stazione di Perugia ad opera di altre persone del luogo e di un religioso. Sarebbe, effettivamente sorprendente – e certo auspicabile - che fosse lui.

Infine, non è stato sufficientemente sottolineato che la scomparsa di Ivano avviene a soli 9 mesi di distanza da quella del suo fratello minore (allora suo tutore), Valentino, che si impicca nella grata della porta nord della Fortezza dell’Albornoz, nella fitta nebbia di domenica mattina 9 novembre 2008. Un suicidio per certi versi spettacolare, anche per la sua visibilità, che da quanto si è capito, poteva risultare impressionante ad un ipotetico osservatore al di sotto la rupe, quanto di coloro che lo hanno casualmente ritrovato, mentre Ivano, nel frattempo, lo attendeva da ore, chiuso in auto, a Piazza Cahen.

In meno di un anno i due fratelli non furono più tra noi. Un caso non unico, certamente, ma molto raro e singolare per la sua concatenazione modale e temporale. Vi sono, insomma, tanti lati irrisolti, molte cose che varrebbe la pena approfondire. Chi può e vuole, dia una mano a capire cosa è accaduto; lo faccia ora: prima o poi i fatti dovranno emergere.

Ho scritto quanto sopra perché sono passati oltre 4 anni ed è giusto, penso, ricordare Ivano (e Valentino) non in modo formale ed episodico, ma con tutti gli interrogativi che questo specifico caso, come altri accaduti nella nostra città, anche recentemente, impongono alla nostra coscienza individuale e collettiva. Se siamo ancora una comunità e non un mero complesso di relazioni formali, di timori o di interessi.


Rodolfo Ricci 
Orvieto, 12 settembre 2013

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